20100: il ritratto di Milano e di una generazione spaesata

Sei in metro, o sul tram, e capita di osservare la faccia di quello che ti siede di fronte: testa imprigionata tra le cuffie. “Chissà che cosa pensa, che vita vive, cosa vuole dimenticare o imprimere nella mente, in cerca della giusta colonna sonora alle sue vicende”. Incontriamo biografie tutti i giorni ma non abbiamo tempo di leggerle perché già stanno scendendo alla prossima fermata; costa meno immaginarsele: tanto potrebbero raccontare, non solo di loro, ma di una città intera. 20100 di Alex Ruggero è questo, il racconto di un’esistenza e di una città, di quelli che puoi sviluppare tra Cordusio e QT8.

Paolo Paganelli ha 35 anni, prova a sopravvivere a una tentacolare Milano con le parole: scritte, con più appagamento se si tratta di articoli di giornale (pochi), con un po’ di frustrazione se si tratta di recensioni di prodotti dell’e-commerce (molte). I rapporti sono una costante della sua vita, seppur tra alti e bassi: quelli amicali reggono e aiutano a vivere un po’ meglio nella metropoli; quelli sentimentali nascono, si consumano e svaniscono tra una tinderata e l’altra. Proprio il sito di incontri fu galeotto: tra uno swipe left-swipe right, ecco apparire Alice, donna angelo che lo strega alla prima riga di bio prima che con la sua bionda chioma. Amante di Palahniuk e Fincher, fan dei Baustelle e de I Cani, frequentatrice del Carroponte e de La Balera dell’Ortica: l’icona al femminile dell’avere trent’anni a Milano. Per un errore di un suo amico, quella Beatrice scompare nell’internet, la folle missione è presto definita: trovare Alice tra i locali meneghini.

Inizia così una rapida avventura metropolitana, tra locali, drink discutibili e incontri fugaci con personalità di ogni tipo. Le serate corrono, non c’è tempo per comprendere ieri che il domani ha già mangiato ogni possibilità di spiegazione, in un inanellamento continuo di prese di coscienza e stereotipi che, soprattutto i secondi, da buon cittadino sabaudo, ho apprezzato molto. L’Esselunga come tempio della milanesità, le serate alternative di swing e lindy hop buone solo per scopare, quel continuo presupporre ci sia qualcosa di meglio, da fare, da vedere, da mangiare, in una FOMO tanto preoccupante quanto insopportabile.

Per citare le parole di Paolo, in un locale che non è più lo stesso: “quante occasioni ho perso solo perché sono uno snob del cazzo?”. Tra macchiette e personalità a dir poco bizzarre, 20100 è in primis il ritratto di una città che ha fatto dell’originalità a tutti i costi il prodotto di punta, alle volte in salsa glam, altre in salsa indie, senza accorgersi (o non volendolo fare) che in realtà ciò che può offrire non è altro che un’insipida omologazione.

Ma è anche la fotografia di una generazione, di chi ha paura di restare da solo e non sa bene cosa aspettarsi e sognare: così si accontenta di vivere di avventure ed esperienze da poter raccontare, per essere un po’ più credibile ai propri occhi e a quelli degli altri. Come in una versione italiana di How I Met Your Mother, Paolo-Ted è in cerca di uno scopo, un eterno sognatore anche in amore, tanto da trascinare i suoi migliori amici in un surreale tour tra i locali di Milano. Il suo è un modo per evitare domande scomode e la realtà cinica che sta vivendo, due cose che farebbero infrangere ogni ideale al solo pensarci. Che cosa sta cercando davvero? Come lo sta facendo? Ma soprattutto: davvero lo vuole?

Domande che, tra i momenti epici e quelli ironici di 20100, anche il lettore si arrischia a porsi. Insomma: proprio come in HIMYM, anche il finale del romanzo di Alex Roggero lascia un retrogusto dolceamaro. 

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