Come i fiocchi di neve, anche per le letture di un libro vale il teorema per il quale non ne esiste una identica all’altra: partecipare a un gruppo di lettura è la prova inconfutabile di questa regola aurea. Ciò che proverò a fare nei prossimi paragrafi sarà riassumere il punto di vista dei lettori che hanno partecipato al secondo incontro del gruppo di lettura di Romanzoapranzo.
Avvicinarsi alla letteratura giapponese presuppone un cambio di passo per il lettore occidentale, abituato in un libro ad avere un plot più o meno articolato e un arco narrativo lineare, che va da un punto A a un punto B. Anche la strenua ricerca dell’originalità, puntando tutto sulla caratterizzazione dei personaggi, non appartiene a questa concezione diversa del romanzo, almeno non in Le bugie del mare di Kaho Nashiki, dove questi stratagemmi svaniscono, lasciando posto a pagine di pura contemplazione, della natura e dell’anima, anche di tutto ciò che può mincciarle.

Akino è un giovane antropologo giapponese, arrivato sull’isola di Osojima per portare avanti delle ricerche sulle abitazioni del luogo, iniziate dal suo maestro. Fra racconti dei locali ed esplorazioni lungo le coste e tra le montagne dell’entroterra, il protagonista si immerge in un’atmosfera senza tempo, surreale, dove il respiro dell’isola e l’eco di un mistico passato tengono lontani i suoi fantasmi interiori. Difficile ampliare maggiormente la trama del romanzo, perché per buona parte della narrazione di Le bugie del mare prevale l’estrema contemplazione, alle volte ridotta all’osso ma con la potenza espressiva degli haiku, altre carica di equilibrati virtuosismi che descrivono l’atmosfera di Osojima. Le parole di Kaho Nashiki dilatano il tempo, in una lettura visiva ed evasiva.

Proprio quando le pagine potrebbero risultare appesantite dall’eccesso descrittivo e si vorrebbe scoprire qualcosa in più sul protagonista e sulle leggende buddiste e shintoiste spesso citate, ecco che il romanzo prende una piega inaspettata. Un salto temporale di cinquant’anni, un Akino ormai anziano e si passa a un piano emotivo molto profondo. Il ricercatore ormai in pensione torna a Osojima, destino vuole, insieme al figlio Yuji, coinvolto in un progetto di turistificazione di massa dell’isola. La malinconia assale Akino, di fronte a un paesaggio deturpato nell’immagine e nella storia: è Giappone in essenza, il racconto di un paese a un bivio tra natura e progresso (tema caro anche nella produzione di Miyazaki) le cui vie ha deciso di percorrere parallelamente da quasi due secoli. L’incedere del tempo sull’isola fa riflettere il protagonista sullo stesso effetto che l’orologio ha avuto su di lui, in una proiezione che lo porta a una consapevolezza: il cambiamento è inevitabile; come i paesaggi, anche le persone svaniscono.

Prima si impara a lasciare andare il passato, che sia il ricordo malinconico di un luogo o quello doloroso di un rapporto, prima si raggiunge uno stato di quiete. Nostalgica, certamente, come quella che ha caratterizzato le pagine de Le bugie del mare.
Come sempre autodeclassato volentieri a braccio scrivente, ringrazio le menti di questi paragrafi: Alessandro, Carlotta, Lucia, Salvo, Silvana.



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