Trovare un appiglio, un gancio in mezzo al cielo direbbe un cantautore italiano, per andare avanti. O per non andare, ma semplicemente per fuggire dal presente, che fa paura guardarlo in faccia, con il rischio concreto di esserne schiacciati. Un esercizio di straniamento difficile in situazioni di normalità, di problemi quotidiani; impossibile in una routine scandita dai bombardamenti e dal rombo di un’invasione armata.
Api grigie di Andrei Kurkov è un racconto di guerra insolito perché non parla di guerrieri e gesta eroiche partigiane: pone l’attenzione su una resistenza più silenziosa, quella di chi ha trovato un gancio e vi si appiglia con tutte le forze per non soccombere, nella quieta attesa di tempi migliori. Quel gancio, nel romanzo dell’autore ucraino, ha il suono di un ronzio d’ali, una forma che sfida le leggi dell’aerodinamica e il gusto di un dolce nettare.

Donbass, anni Dieci del nuovo millennio. I separatisti filorussi e l’esercito regolare quasi possono osservarsi dalle loro postazioni; vicini di casa scomodi di una guerra di trincea che sembra uscita da un altro secolo. Tra loro, un lembo di terra di nessuno; lì un villaggio abbandonato, tra le sue case, Sergej Sergic prova a resistere. Un matrimonio fallito, una figlia lontana dalla zona di guerra, un futuro difficile da immaginare nel contesto in cui si trova, che lascia il posto al vivere alla giornata: la solitudine regna nella vita di Sergej. A tenerlo a galla sono le sue api, sei arnie che diventano rifugio e tesoro da proteggere; unico pensiero in una normalità dal forte sapore di artificialità.
Il suo vivere e ragionare ruota attorno al ronzio proveniente dal capanno, con il quale in qualche modo si identifica: l’attesa che finisca l’inverno (per lui sotto le bombe) e arrivi finalmente la primavera; l’istinto protettivo e conservativo della propria casa, ricercando un battito d’ali di quotidianità ogni giorno e, proprio come uno sciame, quando sente il momento di partire, l’abbandono del proprio alveare.

La sciamatura di Sergej è il racconto della frontiera ucraina, di chi prova a sopravvivere non tanto alla guerra (raramente si manifesta palesemente nel romanzo, neanche nelle pagine in cui i due fronti si toccano maggiormente) quanto all’incertezza del futuro, appesi a notizie che si spera non arrivino mai, altre che arrivino presto. E il protagonista, come ha imparato a sopravvivere? Evitando di allacciare rapporti, per quanto emerga dalle pagine di Api grigie un sincero ma represso bisogno da parte del protagonista, soffocando qualsiasi trasporto emotivo che possa metterlo davanti a una potenziale perdita. Un meccanismo di autodifesa fa si che si leghi debolmente a Paska, rivale odiato in gioventù ma unico altro rimasto al villaggio; che lo fa spaventare di fronte all’accogliente amore di Galja; che lo allontana dal dolore della famiglia di Achtem, amico e apicoltore tataro scomparso in circostanze opache.

L’apicoltura diventa così il rifugio di Sergej, un mondo dentro un’arnia che non si preoccupa di quello che succede al di fuori delle sue cellette ma continua indisturbato a vivere, a produrre meraviglie, a ripetere il miracolo di una società pacifica. Il protagonista, proprio come una delle sue api, vorrebbe poter fermare il tempo e rimanere chiuso nella sua arnia di bellezza, ma la realtà gioca lo stesso ruolo dell’apicoltore: scoperchia la sua tana e ciclicamente lo riporta al crudo presente. Api grigie è un volo alle porte dell’Europa, ingenuamente ritenute lontane come il conflitto che le sta sconquassando; sulla tenacia, sulla capacità di resistenza e i metodi che l’individuo, inspiegabilmente, riesce a costruire per trovare un briciolo di bellezza e speranza anche lì dove sembra impossibile.

Nonostante sia ambientato in una fase del conflitto antecedente alla situazione attuale in Ucraina, mi è venuto spontaneo chiedermi dove sia oggi Sergej: sarà tornato dalla figlia o resiste ancora, solitario, nel suo villaggio? Starà bene? Avrà imparato a fermarsi e a lasciarsi trasportare dagli affetti o starà ancora sciamando con la sua inseparabile famiglia alata, per mettere maggior distanza dalle bombe e assaporare finalmente la quiete?



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