Nell’antico Egitto si credeva che il corpo fosse formato da cinque elementi spirituali: ib (il cuore, sede della memoria), ka (energia vitale), ba (impropriamente tradotto come l’anima), shut (l’ombra) e ren, ovvero il nome, che racchiude l’essenza e l’identità della persona. Veniva ripetuto e trascritto molteplici volte nelle tombe, affinché il defunto potesse essere ricordato: un modo per renderlo eterno, immortale, che a noi posteri è necessario per conoscere una storia e per mantenere un legame col passato.
L’importanza del nome non è prerogativa del popolo delle piramidi: il nome è l’elemento costitutivo dell’individuo, la prima parola che sentiamo quando veniamo al mondo, quella che ci accompagnerà e farà riconoscere per tutta la vita. Questo è il perno attorno a cui ruota Il segreto nel nome di Amal Oursana, il racconto di un inseguimento delle proprie origini, nascoste dal tempo e amputate dalla Storia, tra i suk e le rocce aride del Marocco.

Marocco, 1950. L’8 marzo di quell’anno entrò in vigore una legge, francese, che impose alle famiglie marocchine di utilizzare un solo cognome, in un contesto socio-culturale in cui questo era spesso formato da una lunga catena di patronimici, santi protettori, nomi tribali, soprannomi. Da un giorno all’altro, la memoria storica di intere famiglie venne amputata, cancellata per un’assurda esigenza burocratica: rendere più agevole un censimento, standardizzare gli usi del protettorato marocchino a quelli della Francia. Qui finisce la storia degli Al Kabir Ibn Mouhamed Ibn Hamza Ibn Abdssalam Assahraoui; qui inizia quella della famiglia Ibn-Mashish: un peso ricaduto sul giovane Haj al Kabir, primo protagonista del romanzo. Primo e non l’unico, perché ne Il segreto nel nome il focus narrativo scivola lentamente, senza strappi improvvisi, lungo la linea genealogica degli Ibn-Mashish, tessendo un intricato quadro familiare, dal quale lentamente emergerà una pluralità di voci, di bisogni e sogni da realizzare.

Rahhal, suo figlio, è il primo portatore di questa nuova identità, plasmata al di fuori dei confini marocchini e profeticamente scritta già nel suo nome: nomade, questo il suo significato, che lo porterà in cerca di un futuro migliore prima in Francia, poi in Italia. Al suo fianco Fatma, una donna forte e intraprendente, desiderosa di sperimentare la vita europea e che, assieme al marito, scrive una storia di migrazione di successo. Il seme di una nuova vita in un nuovo continente, germogliata e consolidata con l’arrivo di Tarik, Assia e Iman. La parola è ancora una volta, anche lontana dal Marocco, un elemento fondante di questa famiglia; un DNA linguistico fatto di modi di dire, racconti e traduzioni, che plasmano la loro identità: sono, siamo, i racconti dei nostri nonni, le favole dei nostri genitori, i modi di dire nati tra fratelli. Nel bene e nel male.

Amal Oursana non ha scritto un racconto familiare idilliaco; è un romanzo in cui emerge un articolato insieme di bisogni diversi, a volte contrastanti, legati alle origini. Con il passare del tempo, in Rahhal cresce la voglia di riconciliarsi con le proprie radici culturali, anche con gli aspetti più rigidi dai quali in gioventù è fuggito volentieri, nonostante il legame con la sua nuova casa, l’Italia, che non vorrebbe perdere. Tarik, Iman e Assia vivono invece nel limbo delle seconde generazioni, di chi viene fatto sentire fuori posto sia nel paese d’origine che in quello in cui sono cresciuti. In Assia poi, gli interrogativi si manifestano anche nella sfera spirituale: vorrebbe “rimanere con i piedi annaffiati da quella fede”, ma l’Occidente non fa altro che guardare l’Islam in maniera miope, con “occhi inquisitori e pieni di pregiudizio”.Nonostante queste correnti emotive che spingono in direzioni opposte, il Marocco li richiama, magnetico, per svelare loro segreti e riallacciare i legami persi nei cognomi dimenticati.

Quella di Amal Oursana ne Il segreto nel nome è una voce che restituisce una parte del passato a chi nella Storia e nella migrazione, ha visto dissolversi i legami più profondi. Con precisione e delicatezza di linguaggio, vero punto di forza nella struttura della narrazione, connette mondi lontani che inevitabilmente si cercano, senza fare sconti alle contraddizioni che portano e influenzano i protagonisti, rendendo persone i personaggi.



Lascia un commento