Un mito contemporaneo per distinguerci da chi ci ha generato.

Se si cerca di distillare l’essenza della tradizione dell’epica greca in uno schema ricorrente, consapevoli di correre il rischio di banalizzare le origini della letteratura, questo potrebbe essere il risultato: un uomo all’apparenza debole, sfruttando potenzialità che non credeva di possedere, riesce a sconfiggere antagonisti fuori dalla sua portata e a diventare un eroe. Anche Madre Medusa, rifacendosi al mito di Perseo e Medusa, riprende questo tòpos,adattandolo alla contemporaneità in un genere che si potrebbe definire “poema epico-familiare”.

Perseo, Medusa, Canova, Caroniti

Elena è una giovane ragazza siciliana, felicemente sposata e madre di Sofia; nasconde però un passato di sofferenza. La fonte di questo malessere è una sola: sua madre. Una siciliana vecchio stile, ultima in linea di successione di una stirpe che ha sempre elevato il rispetto delle gerarchie familiari a dogma indiscutibile. Spazio di manovra nullo, assenza di supporto per qualsiasi scelta. Mai all’altezza, sempre al di sotto delle aspettative, delusioni continue: questo è quello che la protagonista vive ogni volta che si relaziona con la madre. Una Gorgone a cui “bastava uno sguardo per impietrire i miei sogni, i progetti, i successi sudati, […] bravissima a frenare ogni entusiasmo e a cercare di rimettermi in riga”: così Elena parla di sua madre. Nonostante abbia trascorso la vita a sopportare quel cappio psicologico, tentando di allentarlo mettendo chilometri tra lei e Medusa, un giorno il dovere di figlia la costringe a tornare in Sicilia: sua madre è stata ricoverata in un ospedale psichiatrico per un improvviso black-out mentale. Crede però sia tutta una farsa, studiata per averla di nuovo vicina, soffocarla con i sensi di colpa e obbligarla a recitare la parte della figlia premurosa, in ottemperanza al comandamento “ricordati che sono tua madre, pretendo questo amore”.

Made, silenzio, donna, Caroniti

I giorni in ospedale fanno emergere i ricordi d’infanzia, giorni tristi e solitari in cui non possedeva armi per difendersi da Medusa. Anche gli alleati scarseggiavano: un padre succube della moglie, qualche amica; la lettura come rifugio. Unico a tenderle la mano è Ettore, amico d’infanzia con il quale ha intrecciato un rapporto solido nella sua discontinuità. Dopo tanti anni infatti lo rivede in ospedale: è un medico, è stato lui ad avvisarla del ricovero. È l’unico che cerca di forzare il muro di diffidenza dietro al quale si è barricata Elena, estrema strategia per sopravvivere alla situazione: non si è data tempo per elaborare certe sofferenze, così non può vedere quella della madre perché è concentrata solo su sé stessa. (“Rispetta il tuo dolore, ascoltalo, […] solo così potrai avere il coraggio di affrontare tua madre e riconoscere anche il suo, di dolore”). Capisce che si sta comportando, a suo modo, da egoista, proprio come sua madre.

Apre gli occhi finalmente: non deve tagliare la testa alla Gorgone che l’ha generata, deve mettere fine al modello di madre che questa incarna; deve combattere la potenziale Medusa che è insita in lei, figlia di una cultura da cui tanto vuole distanziarsi. Come intende crescere Sofia? Con il principio dell’”infallibilità della madre” o con la consapevolezza che anche un genitore possa sbagliare? Conflitto perenne o dialogo senza pregiudizi? Questi sono gli interrogativi che colpiscono in pieno viso Elena e la rendono consapevole di poter, di dover, essere migliore di chi l’ha preceduta.

Maria Laura Caroniti in Madre Medusa è riuscita a scrivere un mito in cui né eroe né antagonista vincono. Perseo e Medusa pareggiano perché l’eroe è disposto ad abbassare le armi, ad alzare lo sguardo per comprendere cosa si celi dietro il volto della Gorgone. L’autrice ha messo a nudo le criticità del rapporto genitore-figlio, sottolineando le difficoltà e le paure che i due ruoli cercano di annacquare con l’orgoglio. Difficoltà che forse diventano più comprensibili quando ci si mette nei panni l’uno dell’altro.

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