Suona la sveglia; ti vesti; traffico; ufficio; un discutibile caffè alle macchinette; occhi incollati al pc; fugace sguardo all’orologio; uscita; traffico; cena e relazioni sociali di circostanza; imposti la sveglia; chiudi gli occhi. Suona la sveglia; ti vesti; traffico… Tempo per staccare e riflettere? Non consentito. La lettura di Solo bagaglio a mano sicuramente è un’opportunità per dedicare qualche ora a questo lusso (va giusto bene che siano solo ottantasette pagine, così non ci si flagella per aver perso tempo).

La Corea del Sud è uno dei paesi con il tasso di suicidi più elevato al mondo, al punto che alcune aziende, per dissuadere i dipendenti da questa scelta, sono arrivate a mettere in scena falsi funerali. Quale miglior occasione per cercare di cogliere il famigerato senso della vita se non stare chiusi in una bara a riflettere? Gabriele Romagnoli è stato direttore della rivista GQ, corrispondente da New York per La Stampa e dal 2019 conduce il podcast de La RepubblicaLa prima cosa bella. Recatosi nella città di Naju, si rivolge alla Korea Life Consulting. Il servizio pensa proprio a tutto: un finto testamento, abiti funebri, foto, cassa. Poche cerimonie è il coperchio si chiude; può iniziare a pensare.

Come riassumere un interrogativo così grande, l’Interrogativo per antonomasia? Due sono i cardini, strettamente collegati tra loro, attorno ai quali ruota Solo bagaglio a mano: il segno meno e la parola leggerezza. Come il titolo suggerisce, la metafora ricorrente è quella della valigia 55x40x20 cm, una vera è propria way of life che l’autore consiglia per sopravvivere ai modelli di vita contemporanei. Il bagaglio perfetto deve essere:

  • Capiente: deve contenere più “indumenti, cosmetici, farmaci, libri, […] emozioni, progetti, memorie” possibili.
  • Leggero: “perché scegliere un contenitore pesante? […] Ha senso imbarcarsi in imprese in cui la fatica è superiore all’esito?”.
  • Agevole: nulla deve intralciare il movimento. “Circolare, muoversi, scambiare, cambiare. Ne hai diritto”.

Il processo di alleggerimento della proprio modo di stare al mondo inizia dalle certezze, l’equivalente del portarsi i guanti da neve se si sta partendo per le Maldive. Il relativismo assoluto è la fede da abbracciare: se tutto è diverso (parole ed emozioni comprese) ad ogni latitudine e per ogni persona, a che servono le proprie convinzioni? Anche i fantasmi di se stessi sono inutili, anzi pericolosi: trasportare il peso delle vite che “non sono state o non saranno” rischia di far precipitare nell’immobilismo. Insomma: Sliding doors è un bel film, ma è meglio che non diventi uno stile di vita.

Perdere e perdersi è consentito, anche questo vuol dire alleggerirsi. Quando capita in una città, puntualmente si scopre un negozio, un angolo, una storia che neanche si immaginava esistesse. Perdere qualcosa è liberatorio, genera spazio e permette di sfruttarlo al meglio. Anche perdere tutto può essere un’opportunità: ci sono città che, rase al suolo, hanno saputo rinascere dalle proprie ceneri, splendenti più di prima. Persino dimenticare è utile, un altro modo di liberare spazio, di disfarsi di ricordi inutili o dannosi. Il rischio è quello di “ammalarsi” di ipertimesia: ricordare tutto immobilizza, costringe lo sguardo a fissare il passato e a ignorare il futuro. E infine meno cultura del possesso e dell’eredità: l’accumulo e l’amore per gli oggetti sono due vere e proprie ossessioni, che colpiscono ricchi e poveri, figlie di un stile di vita da smantellare velocemente. Per la salute del pianeta e della società, aggiungo. Quindi più Shaquille O’Neal e Sting nel mondo, contrari a lasciare eredità materiali ai figli; più modelli di sharing economy!

Gabriele Romagnoli non ha scritto un romanzo, ma un vero e proprio manifesto culturale per affrontare le sfide e i cambiamenti necessari per rivoluzionare la società. Non a caso si rivolge ai giovani, a una nuova generazione “capace di scegliere la libertà, di consumare soltanto il necessario,[…] di non credere in idee e fedi che le sono state date, preconfezionate”.Un’utopia tutto questo? Forse, ma tanto vale provare: in fondo, prima di ogni viaggio, si cerca di togliere grammi dai bagagli per restare sotto la soglia dei dieci chili. Il metodo l’abbiamo capito, bisogna solo applicarlo a campi diversi.

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