Dipendere: dal latino dependēre; letteralmente “pendere da” qualcuno o qualcosa. Rende perfettamente l’dea dell’essere legati a una fune, in grado sia di salvare dal baratro sia di limitare i movimenti. Giocarsi tutto di Marina Lora Ronco trasla la dicotomia salvezza-perdizione in un dramma familiare che potrebbe sfiorare, o aver già sfiorato, chiunque: come già il titolo anticipa, il lettore si immergerà a fondo nei meccanismi subdoli della ludopatia.

Margherita e Riccardo, genitori di due splendide bambine, sono una coppia affiatata e, dopo un periodo di difficoltà, finalmente realizzata; lavori stressanti, distanze e problemi economici sembrano essere ormai lontani. Ognuno interpreta il ruolo che il modello Mulino Bianco ha scritturato per loro: lei una super woman in tacco a spillo che sa tenere in equilibrio carriera, matrimonio e prole; lui perfetto cocktail di padre buontempone, marito premuroso e manager intraprendente. Mai un gesto inopportuno, una parola uscita male, un problema sollevato: eppure qualcosa sta per esplodere, un terremoto sta per stravolgere le loro esistenze.

“Ci ha confessato di essere pieno di debiti e di avere un immediato bisogno di soldi. […] Gioca Marghe… si perde per ore davanti alle slot. E non sa come uscirne, non riesce a smettere”. Un fulmine a ciel sereno; uno schianto e crolla tutta la favola: Riccardo soffre di GAP, Gioco d’Azzardo Patologico. Allacciando ricordi di piccoli gesti, Margherita solleva il velo sotto il quale si cela il vero uomo che le sta accanto: uscite finanziarie inspiegabili, lunghe assenze dopo il lavoro, scatti d’ira apparentemente ingiustificati. Tutto ha un senso ora; rabbia, delusione e angoscia affollano la mente della donna, spaventata per il futuro e per aver vissuto a fianco di uno sconosciuto per molto tempo.

Trenta giorni di ricovero in un centro riabilitativo per dipendenze, questo quello che entrambi dovranno affrontare: perché se è vero che chi ha una dipendenza deve affrontare la parte più difficile, non meno complicato è ciò che attende ai familiari. È proprio questo punto di vista insolito la peculiarità del romanzo di Marina Lora Ronco. Sono poche, infatti, le pagine dedicate ai giorni in comunità di Riccardo, dalle quali emerge frustrazione e un senso di inutilità, figli di un rapporto con i genitori caratterizzato da violenza e scarsa stima delle sue potenzialità: tutto questo sfocerà poi in un meccanismo di compensazione che lo porterà al gioco d’azzardo. Centrale invece la figura di Margherita. Si sente incatenata a obblighi dai quali alle volte vorrebbe scappare: al solo pensiero di una fuga, di una “vacanza di qualche ora” dalla sua vita, si accende il senso di colpa, che la riporta sui binari della responsabilità, in linea con la legge che, secondo lei, muove l’universo:
“al mondo ci sono persone locomotiva, che si fanno carico, che trascinano, che tirano come pazze senza mollare mai, ed altre vagone, che non affrontano, non decidono, non si prendono responsabilità, che si lasciano trasportare”.

Con il passare del tempo, imparerà a invertire i ruoli, a ritagliarsi momenti per sé e a chiedere una mano a chi le sta intorno, a dipendere da qualcuno. Importantissima, infatti, è la rete di donne che la circondano: una sorella con la quale basta uno sguardo per capirsi, una madre capace di ascoltare, amiche con cui fuggire qualche giorno o solo per qualche ora. È in questi momenti che Margherita sente una “strana euforia, quella che precede l’alba di un cambiamento: il fremito di chi sa che trasformarsi significa avere del tempo davanti a sé e, soprattutto, avere nuove opportunità”. La lontananza dal marito inizia così a diventare l’occasione per entrambi di fare un passo avanti, di smontare le apparenze che li ingabbiano da troppo tempo: una può, ogni tanto, scrollarsi di dosso il peso delle responsabilità; l’altro impara a farsene carico. Un passaggio di testimone veicolato da esperienze diametralmente (oltre che semanticamente) opposte di dipendenza, che dona loro la possibilità di sbagliare e di riparare.

Giocarsi tutto è un romanzo gentile, che tocca corde dimenticate, vite rimaste all’ombra di un problema come la ludopatia. Dietro a un milione e trecentomila giocatori patologici (secondo l’ANSA, riportante i dati del Libro Blu”, una pubblicazione di dati sul gioco d’azzardo in Italia), esistono persone che soffrono non meno di coloro che hanno sviluppato questa dipendenza. A Marina Lora Ronco il merito di aver dato loro voce, scambiandone i ruoli: da locomotive silenziose a vagoni un po’ più leggeri.