Gli scrittori diventano grandi autori quando una loro opera entra, grazie a un allineamento di pianeti, nella Storia: il giusto editore, un buon momento per pubblicare un romanzo, una fortunata finestra di visibilità. Scontato, ma meglio sottolinearlo: sono tutte condizioni subordinate al sapere scrivere bene. La fama dell’opera rischia però di schiacciare l’autore, cristallizzandolo in un personaggio specifico, in uno stile specifico: è quello che è successo a Edmondo De Amicis e al suo Cuore, del quale si ricordano l’eccessiva mielosità della forma e la drammaticità del contenuto. Avanti! Ma non troppo di Giorgio Caponetti, invece, restituisce un ritratto inedito di uno degli scrittori per ragazzi più famosi al mondo.

Lo scrittore ligure, naturalizzato torinese, fin da giovane sviluppa un amore per la parola scritta. Vorace lettore di Dumas e Manzoni prima, minuzioso giornalista dopo, De Amicis a ventisei anni ha le idee chiare: nonostante la vulgata litterae non dant panem, a quanto pare già in voga a fine Ottocento, vuole vivere di quello che scriverà.
Se fosse vissuto nell’era dei blog e dei social, Edmondo De Amicis sarebbe rientrato tranquillamente nella categoria dei travel influencer. Spagna, Olanda, Argentina, Marocco; e poi le grandi capitali europee come Londra, Parigi, Costantinopoli: per il quotidiano fiorentino La Nazione e per l’editore Treves scriverà pagine ricche di dettagli, fotografie di luoghi per i suoi tempi esotici, con alcune descrizioni delle popolazioni locali che oggi risulterebbero superate o inaccettabili. Non commetteremo però l’errore di pretendere di leggere un’opera dell’Ottocento con lo sguardo di un contemporaneo.

De Amicis è stato partecipe persino della fase embrionale del giornalismo di guerra. Ipoteticamente armato con boccetta d’inchiostro e pennino, sotto le armi ha raccontato di alcune battaglie storiche dell’Italia risorgimentale: prima Custoza, al fianco del futuro re Umberto I; poi il venti settembre 1870, durante la breccia di Porta Pia. Sempre attento all’attualità, ha messo nero su bianco i cambiamenti in atto nel giovanissimo regno d’Italia: l’introduzione della legge Coppino (l’attenzione al mondo della scuola è il primo passo per la scrittura di Cuore), lo spostamento delle capitali, raccontate in Speranze e Glorie. Le tre capitali italiane, la repressione dei movimenti socialisti nelle grandi città industriali.

Lo scrittore si avvicina alla causa socialista già in giovane età, nonostante le sue origini medio-borghesi. Dopo il viaggio in Olanda, scopre che un’alternativa alla situazione sociale in Italia c’è:
“Quando si cerca quale potrà essere lo stato futuro della società umana si vuole desiderare che avvengano queste due cose: primo, un aumento crescente della produzione; secondo, una ripartizione della ricchezza conforme ai principi della giustizia. È bello e consolante il vedere sulla riva estrema del Mare del Nord un uso antico, che risponde in qualche modo a codesto ideale economico”.
Legge e scrive per Avanti! fin dalla sua fondazione, stringe amicizia con Filippo Turati, difeso durante i processi; si candida persino come deputato per il partito socialista alle elezioni del 1898: scosso dai moti di Milano e dalla persecuzione in atto in quegli anni, rinuncerà al seggio vinto al ballottaggio. Continuerà invece a predicare il socialismo nelle sue opere scritte. Troppe analogie per non chiamare in causa il pluricitato, in questo blog, Jack London: contemporanei, scrittori, socialisti, in qualche modo hanno percorso la scala sociale in direzioni diverse, sfiorandosi a metà strada. Uno dai bassifondi verso la borghesia, l’altro, per tematiche trattate, dai salotti ai sobborghi industriali torinesi.

Giorgio Caponetti ha fatto luce su aspetti meno conosciuti di De Amicis, con una narrazione dall’equilibrato piglio storico, che non tralascia una buona componente di romanticismo. Forse più accentuato per chi, come chi sta scrivendo, vive ogni giorno la vecchia capitale d’Italia: vederla crescere e formarsi come il protagonista, camminare nelle stesse vie o sentir parlare chi dà nome alle stesse, permette di immergersi maggiormente nell’ambientazione. Se si ha la possibilità, Avanti! Ma non troppo andrebbe gustato come un bicerin: in via Po, sotto i portici, immaginando di veder sbucare da un momento all’altro uno dei personaggi del libro.



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