Copertina, titolo e sinossi giocano un ruolo veramente importante nella scelta di un libro; chi si sente immune e si appella a proverbi su giudizi e copertine sa di mentire a se stesso. Spesso va bene e il libro soddisfa le aspettative, altre capita che precipiti l’entusiasmo iniziale provato in libreria. Quando ho scelto Pirati e sodomia di Barry Richard Burg, mi aspettavo un libro rivelazione, capace di sbattere in faccia alla contemporaneità lo scarso livello di normalizzazione dell’omosessualità nel nostro quotidiano rispetto alla lungimirante e libera società dei pirati. Molte volte ho scritto che una buona lettura lascia molti interrogativi, nel caso di Pirati e sodomia l’accumulo di punti di domanda si è invece trasformato in confusione.

La tesi di Burg gira attorno a due cardini: l’omosessualità non solo era una pratica comune e accettata, nella società piratesca come in quella inglese del Seicento, ma addirittura normale “in senso statistico”. Andiamo per gradi: che fosse comune, può anche essere, sul fatto che fosse accettata, qualche dubbio sorge spontaneo, proprio dalle parole dell’autore. I primi capitoli raccontano che nell’Inghilterra di fine Cinquecento e del Seicento, esistevano leggi contro la sodomia che “prescrivevano la pena di morte come sanzione”. Mentre non vi sono prove di effettive condanne a morte per questo reato, fioccano invece le accuse, utilizzate per screditare un avversario politico agli occhi dell’opinione pubblica. I processi quindi si concludevano spesso solo con multe o periodi di gogna: condannare meno l’omosessualità vuol dire tollerarla? Rimaneva, seppur spesso poco punita, un reato!
E ancora: Burg afferma anche come la rappresentazione teatrale dell’omosessualità sia stato uno strumento di normalizzazione. Rappresentarla e farlo in chiave comico-macchiettistica, vuol dire accettarla o ridicolizzarla?

La normalità in “senso statistico” va contro un’altra definizione dell’autore, quella di “omosessualità di situazione, caratteristica della vita marinara così come in ogni gruppo maschile isolato e permanente”. L’assenza di donne sulle navi e nei Caraibi (la popolazione era a prevalenza maschile perché le donne non erano considerate né utili al lavoro nelle piantagioni caraibiche, né capaci di sopportare la vita dura delle colonie) non permetteva rapporti eterosessuali, così come succede e succedeva anche nella comunità carceraria, presa arbitrariamente come termine di paragone, altre volte no, dall’autore. Mettere sullo stesso piano statistico pirati dichiaratamente omosessuali, che sicuramente saranno esistiti sebbene non siano citate fonti storiche a supporto, ed eterosessuali che non avevano alternative e se non rapporti omosessuali, fa scricchiolare la tesi dell’autore. Se poi in questo calderone si fa rientrare la pratica costrittiva del matelotage, “né più né meno che un rapporto padrone/servo che si istituiva quando un uomo vendeva se stesso per pagare un debito”, lo scricchiolio aumenta vistosamente. Spesso ragazzini ingaggiati come mozzi, con i matelots non si instaurava un rapporto sentimentale, bensì uno di schiavitù, che includeva anche la sfera sessuale.

”La loro vita priva di qualunque costrizione sessuale [in riferimento ai pirati, ndr], sono la dimostrazione che se gli eterosessuali cessassero la loro ostilità verso gli omosessuali e li accettassero a pieno titolo nella comunità umana, allora forse, con la scomparsa dell’ostracismo di cui sono fatti segno, anche gli omosessuali potrebbero partecipare da pari a pari alla società moderna”
Anche da queste frasi emerge come Pirati e sodomia di Burg sia mosso da virtuosi intenti, proponendo una chiave di lettura innovativa e controcorrente per la società del 1983, anno di uscita della sua opera: basti pensare che solo nel 1990 l’OMS ha rimosso l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali. Virtuosa sì, ma poco convincente, vista la scarsità di prove a dimostrazione della tesi, poiché per natura i pirati non producevano troppe documentazioni e resoconti, e per l’approccio troppo deduttivo dell’autore. Due elementi che colorano la società dei pirati dipinta da Burg con tinte arcobaleno un po’ stinte.



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