“Chi legge avrà vissuto cinquemila anni […] La lettura è un’immortalità all’indietro”. Non ci sono parole più calzanti di quelle di Umberto Eco per descrivere Una stanza per Ada, romanzo d’esordio di Sharon Dodua Otoo: tuffarsi tra le pagine di questo libro significa diventare osservatore di continue esperienze regressive a vite passate,che si incastrano tra loro in un gioco di scatole cinesi per nulla scontato.

Una giovane donna del Ghana del XV secolo incontra per la prima volta i bianchi conquistadores portoghesi; una matematica inglese nella Londra del 1848, alle prese con l’amante Charles Dickens; una prigioniera di un campo di concentramento in Turingia nel 1945, costretta a prostituirsi. Apparentemente lontane, queste tre donne sono accomunate non solo dal nome, Ada, ma anche dal sopportare violenze di diverse forme. A concretizzare questo legame un braccialetto di perle che, di mano in mano, attraverso i secoli, arriva ad ognuna di loro e viene continuamente sottratto. L’oggetto cerca di arrivare a una quarta Ada, questa volta contemporanea: figlia di immigrati ghanesi, sta cercando una stanza nella Berlino del 2019, per lei e il figlio che a breve darà alla luce.

Le sue predecessore hanno avuto a che fare con violenze fisiche, subordinazioni a uomini feroci e con il mancato riconoscimento delle proprie potenzialità. Col passare del tempo queste situazioni non sono sparite, anzi: alle già numerose difficoltà di essere donna in una società maschilista, si aggiungono l’essere incinta e immigrata. È questo che Ada sperimenta sulla sua pelle, ogni volta che con la sorella Elle risponde a un annuncio di affitto: “Perché non si interessano mai di cosa facciamo? O cosa studiamo? […] Sai perché so che di me se ne fregano? […] Finché rappresento qualcosa che sta tra il Sudamerica e il Sudafrica io non interesso più, diventa una questione di calcio. O di cibo. O di vacanze”.
La ricerca di una casa, intesa come luogo protetto e sicuro, significa quindi interrompere la catena di angosce che perseguita la protagonista e dare una possibilità di riscatto alla vita che porta in grembo.

Protagonista o protagoniste? La domanda sorge spontanea via via che si prosegue nella lettura del romanzo: forse sarebbe meglio parlare al singolare, che racchiude tutte le altre. Una stanza per Ada infatti non segue una narrazione lineare e compartimentata delle quattro storie, si crea invece un continuum che supera distanze geografiche e temporali. Il passaggio tra “un’Ada e l’altra” è impercettibile (consiglio al lettore: attenzione a non perdersi neanche una virgola!), si rischia la confusione proprio perché i pensieri e le emozioni delle quattro donne combaciano. Anche la struttura narrativa quindi, concorre a sottolineare l’aspetto ciclico della vita che percorre tutte le pagine del libro.

Il legame con ogni singolo essere vivente, del passato come del futuro, e la casualità della condizione umana vengono spiegati nientemeno che da Dio, attraverso una metafora singolare: quella della produzione di salsicce. “Non si tratta della carne in sé, ma della forma. […] La carne della salsiccia viene distribuita a caso: un taglio in un passaggio altrimenti fluido. […] Una massa di carne, costituita da singoli pezzi, fatti di personalità vivaci, affinità stravaganti e abitudini contraddittorie”. Sharon Dodua Otoo esordisce con un romanzo complesso e affascinante (forse in parte autobiografico?), capace di toccare l’attualità e di indagare la Storia con cura e precisione. Se questi sono i presupposti, le sue prossime fatiche letterarie sono da attendere con ansia.