La scelta di abbandonare i grandi centri urbani in favore delle piccole realtà di provincia (in alcuni casi la scelta ricade addirittura su borghi e villaggi disabitati) non è più un’anomalia, un fenomeno marginale. A stupire sempre meno è anche il fatto che siano i giovani a optare per questo cambiamento di vita: dopo un’esperienza nelle caotiche metropoli, molti scelgono di rallentare, di cercare tranquillità nelle loro routine. Anche la protagonista de La libreria delle storie rimastefa parte di questo “esercito della lentezza”.

Amabel è uscita sconfitta dall’iperveloce Londra della finanza e dei grandi magazzini: ha perso lavoro e casa, ora necessita di un colpo di fortuna per risollevare la sua esistenza. Un annuncio sul giornale, trovato per caso (o grazie al destino?) potrebbe aiutarla: nella campagna londinese, una libreria dal nome misterioso cerca una commessa. Se esiste una cosa di cui è terrorizzata, quella è sicuramente una stanza piena di scaffali stracolmi di libri.

Bibery è il perfetto villaggio da cartolina, dove la vita scorre lenta e pacifica, senza troppe preoccupazioni. Punto di riferimento della comunità è Emily, un’anziana ma tenace signora che manda avanti la libreria con passione e gentilezza, senza badare al profitto. Da un lato l’ingessatura e il distacco degli schemi metropolitani, dall’altro empatia e attenzione verso il prossimo: apparentemente due mondi destinati a non comprendersi mai. Col tempo però le due libraie imparano ad ascoltarsi e a fidarsi una dell’altra, mettendo a nudo le reciproche debolezze. A collaborare allo smantellamento della maschera di Amabel è anche Albert, affascinante veterinario del paese con il quale la giovane libraia percepisce subito una forte affinità. Con lui si sente al sicuro, ha l’opportunità di mostrare le sue fragilità senza avere paura di pregiudizi e aspettative; le piccole cose che la routine di Bibery offre, grazie al sentimento che nasce tra i due, acquisiscono valore, tanto da convincerla a rimanere e a impegnarsi per risollevare le sorti della vecchia libreria.

Manuela Chiarottino ha creato una storia che ha del magico, che oscilla tra la narrazione di un cambiamento di vita radicale, frutto di una scelta drastica ma pur sempre dettata dalla volontà della protagonista, e lo svolgimento di un disegno già scritto nel fato di Amabel. Dove sta la verità? Tiziano Terzani in Un indovino mi disseaffermava: “il bello è che non c’è soluzione a questo problema del destino, perché si può vedere la vita come già scritta da qualcuno da qualche parte, oppure la si può vedere come scritta da noi ogni momento”. Due facce della stessa medaglia, sta a ognuno di noi scegliere su quale puntare.