Alcune opere d’arte suscitano una forma di nostalgia avvolgente, a tratti dolce, di quel tipo che strappa un timido sorriso. Tutte le Muse hanno dei bardi della malinconia: Hayez con i suoi ritratti romantici; i selfie ante litteram di Vivian Maier; Amália Rodrigues e le note del suo fado cariche di saudade. Shakespeare, Chaucer, Leopardi, Flaubert: schiere di autori hanno parlato, per usare le parole del Sommo Poeta, de “l’ora che volge il disio ai navicanti e ‘ntenerisce il core”. Nella narrativa contemporanea invece, è la produzione di Georgi Gospodinov a rappresentare questo sentimento: la sua scrittura articolata in Fisica della malinconia ne è una prova.

Sindrome ossessiva empatico-somatica, o empatia patologica: questa la diagnosi fatta al protagonista (al protagonisti, chi conosce la scrittura dell’autore bulgaro sa che non è un caso questa discordanza). In virtù di questo “disturbo”, si introduce nei ricordi delle persone, nelle loro emozioni, riuscendo a vivere momenti lontani nel tempo. Veste i panni di suo nonno, prima bambino poi giovane soldato, in giro per l’Europa; si trasforma nel Minotauro greco, archetipo della sofferenza e dell’incomprensione in cui chiunque può rivedersi. Empatizza così tanto con questa figura, vittima e non carnefice, che struttura un processo, l’affaire M., in sua difesa: “Il Minotauro è innocente. È un bambino chiuso in uno scantinato”.

Come l’imputato ha passato la vita in una caverna, così anche il narratore ha vissuto la propria infanzia al buio, in uno scantinato. Dall’isola di Creta alle periferie della Bulgaria: l’io narrante propone uno spaccato degli anni Settanta e Ottanta a destra della Cortina di Ferro, sorprendente e a tratti ironico agli occhi di un occidentale. Vive una gioventù in cui nei western “i pellerossa erano i buoni, il proletariato per così dire”; le esercitazioni antiatomiche nelle scuole erano all’ordine del giorno e i programmi tv finivano alle 22,00 con l’inno nazionale. La mitica rivoluzione sessuale del ʹ68 sembra non essere mai avvenuta nell’Est; dell’adolescenza ricorda la spasmodica ricerca dell’eros in tutto, dalle sceneggiature hollywoodiane, alle statue, passando per le confezioni dei collant: “nella penuria generale riuscivamo a scovare fonti di letteratura erotica nei posti più impensati”. La domanda sorge spontanea e comica: “c’è stato il sesso durante il socialismo?”.

“I corridoi verso gli altri e le loro storie, un tempo aperti, oggi risultano murati”. Il tempo passa, oscilla tra passato e presente, e la malattia empatica gradualmente si affievolisce. Il narratore disempatizza, non è più proiettato verso il prossimo ma verso se stesso: nell’animo infatti serpeggia la paura di essere dimenticato, sente la necessita di tramandare anche una memoria collettiva (ammesso che esista). Ricorre a quello che definisce un “debole surrogato”, il collezionismo: “ho provato un’acuta necessità di ammucchiare, di ordinare in casse e quaderni, in elenchi ed enumerazioni”. Si fa custode del passato, creando capsule del tempo in cui, come in un complicato gioco di matrioske, accumula e fonde storie di diversi piani temporali, lanciandosi persino in una genesi delle capsule del tempo. Lo stesso Fisica della malinconia rientra negli incastri, come bambola più grande che racchiude tutto: “che possa essere come l’arca di Noè, non io, ma questo libro. Solo il libro è eterno”.

L’io narrante spesso esce dalle pagine del libro e ne parla in terza persona; si assicura che lo segua nel girovagare temporale: “sostiamo qui per aspettare le anime dei lettori distratti. Qualcuno può essersi smarrito nei corridoi di questi tempi diversi. Sono tornati tutti dalla guerra? E dalla fiera del 1925?”. Sorge spontanea una domanda a questo punto: chi è il protagonista del romanzo? Prima compare un certo Georgi, nome di battesimo di Gospodinov, il che giustificherebbe quelli che sembrano numerosi riferimenti autobiografici; poi si fa strada il viaggiatore temporale Gaustìn, alter ego storico dell’autore; infine un misterioso specialista letterario incaricato di leggere i quaderni contenenti le diverse storie raccolte al loro interno. Questa apparente confusione rispecchia il mutare perenne dell’io, che sia autore, lettore o protagonista: il tempo cambia l’individuo, che fa fatica a riconoscersi anche nel proprio passato.

Con i suoi labirinti narrativi, Georgi Gospodinov è sicuramente uno degli autori postmoderni di maggior prestigio nel panorama letterario contemporaneo. Curva le leggi del tempo e della razionalità; la bellezza dell’effimero e del mortale sostituisce l’eterno e lo sfarzo: non grandi personaggi ma persone comuni, non eventi storici ma frammenti di vita quotidiana. In Fisica della malinconia anticipa le tematiche cardine del suo capolavoro, Cronorifugio (vincitore del Premio Strega Europeo 2021) che, visto lo scenario politico mondiale, assumono sfumature profetiche: “tutto oggi si cambia con ieri, ieri con l’altro ieri e così, lentamente, sempre più all’indietro […]. Non so se saremo in grado di sistemarci nei giorni passati che ci stanno davanti. Dovremo di nuovo rivivere le passate sconfitte e depressioni”.