Diversi sono i motivi che ci spingono a leggere un romanzo: interesse per l’argomento trattato; vivere un’epoca lontana nel tempo; noia; motivi scolastici. Una cosa è certa: leggere Johann Wolfgang von Goethe per svago, prendendolo come un modo per evadere da pensieri tumultuosi, è fortemente sconsigliato. Se invece ci si vuole immergere in relazioni pericolanti e amori tragici, le pagine de Le affinità elettive fanno al caso vostro: l’autore, infatti, come nelle vesti di un antropologo, conduce un’indagine sulle dinamiche matrimoniali del suo tempo, senza mai scordarsi la componente sentimentale messa in gioco.

Il matrimonio tra Edoardo e Carlotta non è scosso né da anomalie né tantomeno da piacevoli sorprese; procede placido e monotono, in osservanza dei doveri e degli impegni di una giovane coppia di nobili: ricevimenti, giochi, cura della casa e del giardino sono le attività che occupano le loro giornate. L’armonia viene scossa dall’arrivo di due “terzi incomodi”: Ottilia, la nipote di Carlotta e un capitano militare, amico di Edoardo. In pochi capitoli, tra giardini e stanze del castello, si accende un ménage à quatre coinvolgente, destinato a stravolgere le vite dei protagonisti. Tutti gli attori sono consapevoli di cosa si sia messo in moto nel petto degli altri, eppure queste infatuazioni vengono vissute in maniera diametralmente opposta dai coniugi. Il rapporto tra il capitano e Carlotta è silenzioso, ponderato; castrato dal senso del dovere della donna: il sentimento, seppur forte, rimane a livelli platonici, privo di esternazioni. Eduardo invece è un vulcano di passione, per nulla vissuta in clandestinità ma manifestata spontaneamente. Le due dichiarazioni d’amore sottolineano questa grande differenza:
“Non è in nostro potere cancellare quello che è stato; ma dipende da noi agire d’ora in avanti con rettitudine. […] Posso perdonare e a lei e a me stessa, purché abbiamo ambedue il coraggio di prendere una risoluzione”.
Pensava tanto poco a dormire che non volle neppure svestirsi. […] Andò gironzolando di qua e di là sentendosi il più inquieto e il più felice dei mortali. […] “Muri e chiavistelli ora ci separano” diceva a se stesso, “ma i nostri cuori non sono disgiunti. Se ella stesse innanzi a me, cadrebbe nelle mie braccia, io nelle sue: che altro si può desiderare di più?”

Edoardo e Carlotta sono l’incarnazione dell’Illuminismo e dello Sturm und Drang, di ragione e sentimento, in perenne conflitto. Questa dualità è tenuta insieme nel matrimonio, istituzione sacra e “fondamento di ogni civiltà. Esso ingentilisce l’uomo rozzo, […] non si può calcolare fino a che punto due coniugi siano debitori l’uno verso l’altro. È un debito inesauribile che solo l’eternità può soddisfare”. Emerge una dimensione collettiva e pubblica del rapporto di coppia, dove è fondamentale preservare le apparenze e non sollevare scandali. Ci sono degli obblighi da rispettare, dei ruoli; non si può uscire dal solco tracciato perché non andare incontro al giudizio e alle dicerie. Nel momento di crisi, infatti, vengono interpellati (si sentono in diritto di parlare) amici, conoscenti, preti. Goethe vuole andare oltre le apparenze del suo tempo e presentare con freddezza ciò che si cela sotto il velo di Maya dei rapporti di convenienza.

Mentre l’amore tra Carlotta e il capitano rappresenta un legame tradizionale, quello tra Edoardo e la giovane Ottilia che esprime innovazione. Più nel dettaglio: se Ottilia viene dipinta come la donna angelo stilnovista da venerare, per bellezza esteriore e per purezza interiore, è il giovane nobile a uscire dagli schemi. Segue gli impulsi affettivi, pronto a stravolgere la sua vita per amore; è un “disperato erotico” in grado di piangere per una donna, di mostrare le sue fragilità. Cosa più comune oggi (o forse no) ma impensabile al tempo dello scrittore di Francoforte. Accecato dal sentimento, interpreta persino la tragica morte del figlio, “generato da un doppio adulterio”, come un segnale del destino che lo svincola definitivamente dalla moglie. Il culmine della follia amorosa lo raggiunge alla morte di Ottilia: “mai più dovrò dunque udire la tua voce? Mai più ritornerai in vita con una parola per me?”. Sono pagine di pura contemplazione, seguite da un finale dal sapore shakespeariano che chiudono la tragedia di Goethe.

Le affinità elettive non ha mezzi termini, affronta con schiettezza una delle istituzioni più antiche dell’umanità, scardinando i valori e i ruoli del tempo. Un romanzo rivoluzionario in cui si assiste a un vero e proprio ribaltamento degli stereotipi: l’uomo è capace di esternare la sua emotività; la donna di sopportare e nascondere i più profondi dolori. Mi sento allora di consigliare vivamente la lettura a tutti i presunti maschi alpha.