Scrivere un libro come Gli altri non sanno non deve essere stato facile, ha sicuramente implicato una notevole dose di coraggio. Perché? Perché nessuno ha voglia di mettere a nudo le proprie zone d’ombra, neanche con le persone di fiducia, figurarsi esporle a un pubblico di sconosciuti. Eppure, Lucia Anita Iuliano ci è riuscita: ha fatto affacciare il lettore sulla soglia della sua vita, e su quelle dei protagonisti di questa raccolta di racconti. L’autrice ha scritto un libro con tre anime differenti, legate da un rapporto di interdipendenza che ha come tematica conduttrice la salute mentale.

Gli altri non sanno è in primis la storia di Lucia, l’autrice. Un marito, tre figli, un trasferimento dalla Sicilia alla Toscana: tutto sembra andare per il meglio, eppure c’è qualcosa di nascosto, che si libera e prende il sopravvento nei momenti di solitudine. C’è la tendenza a vedere le mamme come wonder women: instancabili, sempre positive; prime ad aprire gli occhi in casa e, per qualche strano sortilegio, immuni al sonno. Sicuramente un fondo di verità c’è, anche i supereroi (le supereroine in questo caso) però, hanno la propria criptonite e dei momenti di debolezza. Quella di Lucia ha un nome: disturbo bipolare; pensieri che, dopo la nascita dei bambini, come “terribili tiranni prosciugano le mie energie”.

Inizia un percorso per nulla semplice e breve, un tiro alla fune in cui alle volte è in vantaggio Lucia, altre volte i tiranni. Le sedute di psicoterapia la aiutano molto, un “posto sicuro” in cui può sfogare ogni tipo di pensiero. Ha un rapporto particolare con gli psicoterapeuti: spesso sono visti come muri di gomma, impermeabili a ogni emozione, in grado di assorbire il dolore altrui senza provarne a loro volta. Lucia dà voce a coloro che per antonomasia sono ritenuti muti, in obbligo solo di ascoltare: “stare seduto su questa sedia non è un lavoro faticoso fisicamente, ma difficile mentalmente. Con gli anni impari a distaccarti un po’. Prendi le giuste distanze, ma qualcosa filtra sempre”. Come spugne, infatti, assorbono il grigio dei pazienti, silenziosamente, donando loro un po’ di colore.

Anche i social diventano una forma di terapia, luogo dove praticare un sano “scambio di sofferenza”: si parla lo stesso linguaggio delle difficoltà condivise, supportandosi e senza giudicare. Soprattutto durante gli anni della pandemia, una situazione in cui la depressione rischia di farsi di nuovo viva. Per tenere a bada “l’enorme cane nero addomesticato ai miei piedi” (una sorta di Gramo potteriano), e per evitare che inizi ad abbaiare nelle vite di altri, nasce il progetto #glialtrinonsanno. Una serie di dirette Instagram con associazioni e professionisti, per sensibilizzare su varie tematiche come la violenza di genere e la depressione post-partum. Sono queste le pagine che compongono la seconda anima del romanzo, ovvero la genesi del libro.

Il terzo componente, infine, nasce proprio dal seguito che ha avuto l’iniziativa di Lucia. Riceve molte storie di uomini e donne, di madri e coppie, che raccontano le loro sofferenze. Esaurimenti mentali legati al lavoro, abusi, rapporti spezzati tra padri e figli, disturbi ossessivo-compulsivi, lutto perinatale: sono solo alcune sfumature di dolore e malessere che emergono dai racconti. Uno spazio particolare, e piacevolmente insolito a mio avviso, è riservato al rapporto uomo-terapia. Sembra sempre che il genere maschile sia escluso (o che si autoescluda) da questa sfera, schiavo di un preconcetto per cui non è possibile mostrare debolezze e paure. Eppure, da Gli altri non sanno affiorano storie di uomini che soffrono e si fanno aiutare, superando l’iniziale e insensata vergogna. E allora si scopre che “la depressione post-partum di un uomo può essere feroce quanto quella di una donna”; che un padre può mettere da parte l’orgoglio e fare mea culpa per la propria assenza; che “in una società che vede i figli proprietà esclusiva delle madri, […] non si debbano mai sottovalutare il dolore e la dolcezza di un uomo”.

Lucia Anita Iuliano dona al lettore la sua storia, e le storie di tutti coloro che hanno avuto il coraggio di condividerle, sensibilizzando su un tema che in Italia è ancora un taboo: secondo l’Associazione Europea per i Disturbi da Attacchi di Panico (EURODAP) infatti, il 70% della popolazione pensa che sia inutile rivolgersi ad uno psicologo, convinti che i problemi si possano risolvere da soli. Un dato che deve far riflettere: mi piace pensare che il lavoro dell’autrice di Gli altri non sanno possa sviluppare maggior consapevolezza nei lettori, soprattutto in quelli più scettici.