La mia irlandafilia non è più un mistero: sono alla continua ricerca di narrativa ambientata in quell’isola affascinante, dalla storia coinvolgente e unica. Questa volta sono arrivato al secondo livello di questa mania: la saggistica che parla della storia dell’Isola di Smeraldo. Quasi per caso, al Salone del Libro di Torino mi sono imbattuto in Donne e uomini d’Irlanda. Discorsi sulla rivoluzione, edito da Aguaplano, scritto da un politico lungimirante e fuori dagli schemi: Michael D. Higgins, Uachtarán na hÉireann (per gli amici: il presidente della Repubblica d’Irlanda).

La prima fotografia che si associa a Mr. Higgins sono i suoi cani, onnipresenti negli eventi ufficiali a Dublino e protagonisti di simpatici siparietti con presidente e ospiti. Un ottantenne gentile, dal viso cordiale e bonario: un’immagine che rischia di non cogliere il peso politico e intellettuale di uno dei capi di stato più stimati e apprezzati in Europa. Di estrazione sociale umile, Higgins inizia come impiegato, con la passione per il giornalismo e la poesia coltivata nel tempo libero. Negli anni Sessanta, grazie a un benefattore, si iscrive all’università (primo della sua famiglia), percorso che gli permette di fare le prime esperienze politiche: dopo una breve parentesi nel Fianna Fáil, diventa membro del partito laburista. Sindaco di Galway, deputato, ministro della cultura, poi Presidente della Repubblica nel 2011, riconfermato nel 2018: Michael D. Higgins ha cavalcato la seconda metà del Novecento senza rinunciare al suo ruolo di poeta e intellettuale, convinto “dell’impossibilità di scindere davvero sfera creativa e sfera pubblica”.

I cinque discorsi di questa raccolta risalgono per la maggior parte al 2016, anno del centenario della Rivolta di Pasqua. Al di là della ricostruzione storica che emerge leggendo di quel periodo, ciò che colpisce il lettore è la capacità di attualizzazione che ha Higgins: da fine studioso quale è, ha il potere di suggerire, come risposta a problemi del presente, il richiamo a valori del passato. Le sue parole generano così un continuum tra i rivoluzionari di inizio Novecento e la necessità di rivoluzioni sociali e culturali del nuovo millennio. Questi gli argomenti trattati:
- Le donne nell’Insurrezione del 1916
- L’Irish Citizen Army
- James Connolly e l’Irish Citizen Army
- Il radicalismo di Eva Gore-Booth
- L’Irlanda e Cuba

La tematica femminista è ricorrente nei saggi citati sopra: nel 1916, infatti, fu il terzo elemento di spinta all’indipendenza, dopo il fattore nazionalista e socialista. Una lotta nella lotta, potremmo dire, affinché il loro ruolo nell’Easter Rising non fosse limitato solo al supporto e alla cura dei combattenti: alla diffusa esclusione delle donne dall’azione, altre correnti rivoluzionarie, come quella vicino a James Connolly, le armò “prima che le ammettesse l’esercito russo”. Donne di ogni estrazione sociale, seppur per la maggior parte proveniente dagli slums, pretesero di partecipare agli scontri, anche a costo, come per molte di loro, di finire in carcere.
Higgins non dimentica nessuna: chi ha combattuto, chi non l’ha fatto, pro e contro Trattato, le mogli degli irlandesi arruolati nell’esercito inglese. Le sue parole sono un richiamo all’unità, al fare pace con il passato del Paese (“non esiste un’unica narrazione del 1916, non c’è un monopolio sull’interpretazione della nostra storia”), dal quale trarre insegnamento per il presente: “mettendo assieme quel che abbiamo ottenuto, dobbiamo senza sosta tentare di completare il nostro percorso collettivo che porterà al totale raggiungimento dei diritti delle donne, in Irlanda e altrove”.

Ciò che mi affascina della storia irlandese, che l’autore in questa raccolta sottolinea continuamente, è la pluralità di ideali politici, lontani tra loro, uniti in una causa comune: per fare un parallelismo con la storia italiana, con ovvie differenze, viene in mente la situazione del CLN degli anni Quaranta. Un’Irlanda diversa e libera, un progetto di indipendenza al quale era legato indissolubilmente una rivoluzione sociale e culturale: vista la spinta dal basso di quei movimenti (Irish Citizen Army, Irish Volunteers, sindacati) sarebbe stato inutile sostituire i padroni inglesi con dei gombeen men, dei capitalisti autoctoni. Di nuovo un rimando al presente, alla coesione sociale: “la loro visione di un popolo libero dal bisogno, dall’impoverimento e dallo sfruttamento resta una sorgente di ispirazione per noi che cerchiamo di dare risposta alla situazione in cui si trovano troppi lavoratori i quali oggi, in Irlanda, guadagnano salari che non garantiscono una vita libera dalla povertà”.

Il tema della pluralità emerge anche dall’ultimo discorso di Michael D. Higgins, pronunciato a L’Avana nel 2017, a pochi mesi dalla scomparsa di Fidel Castro (le parole del presidente per la morte del Lìder Màximo avevano scatenato non poche polemiche). I punti di contatto tra i due paesi sono molti: entrambi isole ed ex colonie; forti identità nazionali covate all’ombra di vicini possenti (Usa e Regno Unito); “due popoli isolani nello stesso mare di lotta e speranza”. Cooperazione e libertà nazionale, due idee che possono coesistere, senza ipocrisia:
“Personalmente non vedo contraddizione alcuna tra un orgoglioso senso di appartenenza nazionale e la capacità di confrontarsi con la cooperazione internazionale. Credo che sia necessario e possibile forgiare un nuovo universalismo per i nostri tempi – un modello di cooperazione internazionale radicato non nella supremazia di un modello di civiltà, ma nel rispetto della storia e delle aspirazioni distinte di ogni nazione”.
Quale sarebbe questo modello? Higgins dimostra qui di essere un politico con una concreta visione del futuro, lontano dalle logiche politiche polarizzanti figlie del suo tempo, che si perpetuano ancora oggi generando solo immobilismo.
“Né sistemi di Stato autoritari e collettivizzati [ricordo che sta pronunciando, direi con il coraggio di chi è convinto delle proprie idee, queste parole a Cuba, n.d.r.], né la versione finanziarizzata del capitalismo globale divenuta egemonica dopo la caduta del Muro di Berlino sono consoni ai nostri bisogni, o adatti alla civiltà della sostenibilità di cui la nostra umanità ha così urgente bisogno. Siamo arrivati a un crocevia critico nella storia. L’ampiezza di questa crisi di sistema non si percepisce in maniera tanto forte quanto nella sua dimensione ambientale”.

Donne e uomini d’Irlanda. Discorsi sulla rivoluzione non è una lettura che consiglio solo a chi, come me, prova un viscerale amore per l’Irlanda e la sua storia. È un manifesto per il futuro, un monito per il presente e un elogio al passato, scritto da un prototipo atipico di politico, che crede sia possibile correggere il mondo con la poesia ed eleva l’arte a “teoria della speranza”.



Lascia un commento